L’adolescenza viene spesso considerata come un momento di particolare crisi e fragilità, contraddistinto da contrasti, incomprensioni e mancanza di dialogo efficace con il mondo adulto. In Italia questa criticità è stata registrata in dati oggettivi che hanno evidenziato un generale aumento della devianza giovanile e della diffusione di stili di vita scorretti, oltre ad una forte dispersione scolastica (Istat 2014) pari al 15%, distante dagli obiettivi Europei che puntano al di sotto del 10%.
Nei servizi di supporto attivati sino ad ora manca un obiettivo unico tra i vari interventi, che dovrebbero essere coordinati dall’applicazione di un modello unico (integrato), che possa nel suo complesso favorire un’ottica di crescita giovanile come strada maestra per il raggiungimento delle competenze di base di cittadinanza attiva. La Scuola deve lasciare più spazio alla crescita personale dei giovani. Serve un pensiero dedicato ai giovani, denso di originalità, dove i ragazzi siano protagonisti del loro sapere e possano partecipare a pieno titolo alla loro crescita psicosociale. Dobbiamo limitare le indicazioni operative e direttive, ma intuire cosa succederà domani.
I ragazzi non sono figure isolate a sé stanti. Sono esseri che interagiscono con l’ambiente sociale, dotati di un proprio pensiero che va ascoltato. L’individualità del giovane non deve scomparire. È importante ragionare sul futuro dei nostri allievi chiedendoci che adulti saranno domani. Soprattutto nei casi di patologia e di maltrattamento a livello psicologico e sociale. La scuola, non da sola, ma in collaborazione con la famiglia, le associazioni e il territorio deve ritrovare la forza dell’ascolto per uscire dallo smarrimento in cui queste istituzioni sociali sono cadute.
Tra le molte cause di disagio per la scuola e la famiglia si possono annoverare i repentini cambiamenti sociali degli ultimi anni, la falsa “evoluzione”, basata solo su aspetti consumistici e materiali.
In pratica, la Scuola può e deve far molto affinché i nostri giovani si impossessino di life skills, cioè di abilità sociali trasversali che li aiuteranno per la vita, oltre il sapere e le competenze tecnico-professionali, altrettanto importanti per lo sviluppo della persona. E, non a caso, sapere leggere un regolamento e sapersi comportare bene in tutti gli ambienti che frequentiamo, altro non è che una “abilità sociale”, imparata a scuola e in famiglia e, successivamente, esportata da ciascuno di noi nei differenti ambienti che frequentiamo quotidianamente. La scuola spesso si limita ad una concezione riduttiva di continuità, tutta giocata unicamente “sul prima e sul dopo”, mentre va intesa non tanto come età e come segmento scolastico, quanto per livelli di competenza gradualmente conseguiti.
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